Sintobiografia e sintoscritti di Elena Grimaldi

grimaldiScrivo come tutti di quello che sento. Sono nata 48 estati fa. Amo, mangio, ogni tanto butto questo mio enorme cuore tra le stelle e parto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Provo una solitudine senza tristezza e mi siedo.
Mi perdo nell’ immensa sensazione
d’essere arrivata al mio posto.
E guardo l’Oceano.
Cartagena m’illumina.

 

 

 

 

 

 

Che sarà mai il dolore?

Stava seduto in disparte
su quella grande terrazza.
Lo vedevo di schiena, un caffè al tavolino
di cent’ anni prima
e passandogli accanto
vidi che ancora s’ asciugava le lagrime.
Un pezzo di carta malconcio
tenuto da due mani morte
e una smorfia sul viso
raramente veduta.
Che sarà mai il dolore
se manco lo senti.
Nessuna pacca sulla spalla
per ciò che non conosco
ma una sedia di gambe ne ha 4
e non si cade di certo
negli abissi degli altri.
Allora occorre tacere
e sentire
e saper solo
piangere insieme…

 

 

 

 

 

 

Dal web

Dal web

Non toccarmi
Sfiorami

Ho un cuore di cane.
Amo le stesse persone da una vita.
Ci pensavo oggi, seduta all’ultimo posto di un traghetto per la Giudecca.
Osservavo la storia passare, tra palazzi e panni stesi al sole nei vicoli di calli sconosciute ai più.
Poi l’ho visto.
Stava seduto sull’uscio di una casa che da sul canale.
Aspettava.
Forse il padrone, forse nessuno.
Ma aspettava.
Come me.

 

 

 

 

 

 

Casa Lidia

–  Qui non piove quasi mai – 
Disse guardando un cielo
grigio.
Potava siepi di ricordi
con la leggerezza
di chi
vorrebbe viver per sempre.
E sfogliava libri
di bulbi vari
scegliendo quelli
per le future stagioni.
Dimenticando il caffè sul
fuoco come succede agli
innamorati che senza saperlo
vivono altrove.

Mia madre.

 

 

 

 

 

 

Seconda classificata alla Sintogara “Le quattro stagioni di Sintetizziamoci”

 

 

 

 

 

 

Un amico per sempre

Nicola legge molto,
viaggia per mestiere,
ha i capelli pepe e una valigia sempre pronta.
Quando può gioca a calcetto ma è una frana
quando può va al cinema
mi scrive spesso, a volte stronzate e si ride del nulla
a volte inquietudini, quelle di tutti.
Quando lo trovo gli sistemo la cravatta
cosi’ per abitudine, a lui piace ed io lo faccio,
non mi costa nulla.
L’ ho sempre visto con belle donne,
ma dice che l’ amore è un’ altra cosa
Mi sfida a scacchi nelle sere d’ inverno e parla di posti lontani
e di gente diversa, cosi’ si distrae e lo batto di brutto.
Eravamo compagni di classe alle elementari, sa quante volte al giorno piscio o cosa non posso mangiare.
Una sua lettera mi fa da segnalibro e se finisco nel deserto lui parte e mi viene a prendere con una coca cola in mano.
Nicola, l’ amico per sempre
senza libri
senza pallone
senza donne
senza valigia
è partito ormai da un anno
Infilo una cannuccia nella lattina di coca
che il sapore è diverso
quando si è nel deserto.

 

 

 

 

 

 

B.Courti

B.Courti

I cinque nodi del destino

L’ amore è ignorante, non sa.
non conosce il Natale né la miseria,
i chilometri d’ asfalto, le ore che lo aspettano,
non vede, non sente 
a volte non ha nemmeno fame.
Parte e basta.
Dorme poco se non trova un rifugio.
s’ affanna anche per nulla
e nulla ha da imparare, che tanto non serve.
Così guardo il passaporto che mi ritrovo tra le mani
pensando che in Sudafrica non ci sono mai stata, che i corsi d’inglese serviranno anche a poco e non ci sarà tacco che tenga
in un luogo dove crescere di per se
è una lotta infinita.
Badili e sudore, poi i calli alle mani, l’acqua bollita e polvere e zanzare
e piedi a cui insegnare che una bicicletta scassata i miracoli li fa
e aghi a cantar tra le stoffe e aghi a cantar nelle braccia che morire del niente,
non dovrebbe più esistere.
Quattro nodi al mio spago ancora non bastano.
Perché l’ amore si…
è ignorante, non sa.

 

 

 

 

 

 

Killer? Sicuramente qualcuno l’ho fatto fuori anch’io

Così stasera ho impugnato le forbici,
quelle grandi, perché le cose vanno fatte bene
e se devi sforbiciare un cuore devi farlo senza pietà.
Musica in cuffia a mille, ché tanto… null’altro devi capire.
E via di corsa, ché il tempo viene rubato e la gente muore lo stesso.
Niente luna,
niente stelle africane,
stasera si corre fino a perdere il fiato.
E nulla basta,
nulla riempie.
E ruggisco nervosa,
ché leccare stavolta non serve a nulla.
E la bestia s’incazza e ne fa fuori degli altri, a decine direi,
passati per caso,
troppo leggeri
per tenere il passo;
quindi via via via! Ché stiano lontani quei sogni,
ché se solo ci penso mi vien mal di stomaco.
Spengo la musica
ripongo le forbici, i sogni da nulla vanno ammazzati,
quelli troppo pesanti s’affossano da soli,
quelli sospesi aspettano solo il coraggio di una mano tesa.
Ho fatto una strage
ma qualcosa è rimasto
un po’ sa di buono
questo sogno bastardo,
che come il mio cuore
rimane a mezz’ aria.