Sintobiografia e sintoscritti di Carmen Maxia

MAXIACarmen nasce il 4 maggio del 74, terza e inattesa di tre figli. È la piccola di casa, la bambola in carne e ossa di una sorellona di dieci anni, matura e donna, che se ne occupa come una mamma, mentre la mamma biologica si sbatte di lavoro ed è tribolata da un matrimonio infelice. Lei si tappa le orecchie giocando con le Barbie e prendendosi le coccole di tutti; ma non cresce viziata, perché il casino attorno le insegna che la vita è fatica, lavoro, stenti e il denaro è poco e non si spreca, specie se in famiglia si è in cinque. Cresce curiosa e grafomane, ama carta e penna disegna e scarabocchia ovunque copiando i fratelli grandi. A tre anni traccia segni fingendo di far la nota della spesa per la mamma. A quattro anni, grazie alla sorellona impara a scrivere e a cinque anni molla le suore arpie delle materne perché vuole andare a scuola e l’asilo puzza di pannolino e banana. Va a scuola e studia, studia sempre… disegna, scrive, studia, così a scuola le dicono bravissima e lei sente di meno urla e dolore. E scrive qualsiasi cosa. A sette anni crea una società segreta giusto per avere una cartelletta con fogli e simbolo e per potere autografare documenti e ricevute agli affiliati. Scrive sempre come Forrest Gump corre nel film.  A 14 anni, inizia il liceo classico, ama tutto e traduce benone, si innamora del greco ma è più la cocchina dei suoi insegnanti delle materie scientifiche. A 16 anni, inizia a dare ripetizioni di latino nel palazzo per 20.000 lire perché vuole le Superga e mamma soldi non ne ha. Da allora non ha più smesso di insegnare latino. Voleva fare la pittrice ma la madre le disse che sarebbe morta povera; le consigliò di fare la ginecologa,  per arricchirsi,  ma lei,  forse, voleva  fare ingegneria. Poi incontrò il suo vate, la sua insegnante di lettere al triennio, che in combutta con quella di filosofia, la portarono sulla brutta via dell’amore per la letteratura e per il bello. Capì che voleva studiare sempre quelle cose e che voleva insegnare il bello anche agli altri, per sempre. Si laurea in lettere antiche, vuole fare la filologa perché si innamora della lingua latina ma un’ accademia baronale e mafiosa la “tromba”, ne uccide i sogni. Lei ride sempre, sbatte la porta, va via e va a scuola in mezzo alle meravigliose menti vergini dei ragazzi. Il terreno migliore dove far attecchire il seme del bello e della poesia. Zappa e innaffia quella terra dal 98 e non ha intenzione di smettere a meno che non diventi ricca vendendo migliaia di copie della raccolta di cazzate che scrive su Facebook o del romanzo che scrive da 2 anni e che è fermo a pagina 70. Intanto scrive rime cucinando prelibatezze e abbracciando la sua famiglia meravigliosa: due bambini e un marito stupendo che ha accettato di sorbirsela a vita!

 

 

 

 

 

 

 

Ap…punti

Quanti siete oh miei puntini
Mi sembrate soldatini
Tanti, uguali tutti in fila
Mi sembrate centomila
Ma perché quest’abbondanza
Sarà inutile mattanza
Per lasciare sospensione
Tre già dan soddisfazione
Neanche a fare la fatica.
Più di tre non servon mica!
Se poi due io ne metto
Anche quello fa difetto:
Pensa sempre al vecchio detto
Tre è il numero perfetto.
Se per gioia o per stupore
Vuoi tu anche un po’ esclamare
Basta uno, non strafare!
E se dubbio ti sovviene
Vuoi saper cosa conviene?
Basta uno curvo e tondo
Se tu eccedi, non rispondo!

 

 

 

 

 

 

 

Con le ali ai piedi

Sintoscritto a sei mani con

Cettina Silvani  e Lucia Amorosi

 

Dal web

Dal web

 

 

Lei aveva letto da qualche parte che i poeti avrebbero salvato il mondo.
Tutto partiva da lì, da dentro, dal suo cuore. Fare accendere i cuori della sua stessa luce, come solo la poesia può fare. Insegnare!
Ecco, era questo il suo compito: consegnare la sua memoria al futuro, a quei piccoli passi.
A quelle scarpette
nascoste in un anno di gloria.
A volte si chiedeva se dei piedi così piccoli potessero sostenere il cielo.
Eppure loro erano il suo cielo. Coordinate di stelle che segnavano la sua strada.
I chilometri per quella sede così lontana dalla sua terra, diventavano cocci di questo pazzo mondo,
da incollare insieme per costruire il vaso. Per salire in alto e soffiare neve, innaffiare deserti e bere acqua pulita.
In fondo il mondo migliore era ogni giorno davanti a lei, in quell’aula al secondo piano, alla sezione C come cuore.

 

Vincitore della sintogara a squadre “Per un mondo migliore”