Sintobiografia e sintoscritti di Carolina Gregori

Cl­asse 1991, nasce a Roma sotto il segno dei pesci.
Dopo aver conseguito il diploma classico, si laurea
in Filosofia all’U­niversità degli studi di Roma “La Sapien­za” con una tesi sul­la Socializzazione nel pensiero di Marx.
Vive e lavora attua­lmente a Roma, ma, appena le è possibile, asseconda la sua passione più grande: il viaggio; salta co­sì sul primo treno alla scoperta del mon­do, in cerca di nuove avventure da viver­e, scrivere, dipinge­re e fotografare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io non scrivo poesie.
Son loro a scrivere me
Incidendomi a fuoco
Con inchiostro rosso
Di sangue
Le carni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Per i tuoi larghi occhi chiari

Tutto era in fiamme!
Tutto in delirio!
Ed io me ne stavo
Immobile
Con gli occhi
Inchiodati nei tuoi
Ad innamorarmi
In dolce naufragio
Di quell’azzurro mare
Sublime in tempesta
In attesa d’approdo.
Tutto è distrutto!
Tutto perduto!
Ed io me ne sto
Scomposta
Con gli occhi in silenzio
Distratti al soffitto
Nella quiete feroce
Del tuo abbandono.

 

 

 

 

 

 

 

Senza titolo

Amo questa sensazione
Immensa
Nelle notti verso mattina
Un treno
Come mille cavalli in corsa
O un aereo
Come drago d’alluminio lucente
Implacabile
Questa fuga che s’agita
Graffia di dentro
S’irradia come vena aperta
Quando gli occhi preparo
Alla bellezza fresca
D’avventura
Quando all’anima sussurro
Di lasciarsi libera
Quando il cuore prego
Con parole che aprono abissi.
Io non amo viaggiare.
Il viaggio sono io.

 

 

 

 

 

 

 

Circles in a circle, W. Kandinsky

Andare
Stare
Tornare
Fuggire.
Il tempo si è fermato
Mille orologi ci ingannano.
De-cantami
De-cadimi
De-strutturami.
Il tempo è orizzonte
Lontano e irraggiungibile.
AndareStareTornareFuggire.
Tutti gli imperativi
E gli infiniti senza tempo
Del tuo abbandono.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensieri all’alba mentre dormi

Sai di crostata ai mirtilli
Di fiore di campo
Di erba tagliata
Di vento leggero
Di profumo di pane
Di frutta fresca
Del sole di marzo
Di grano in campagna
Di albe tenui
E tramonti violenti.
Sai della mia ombra
Di un cielo stellato
Del mare di notte
Di mani febbrili
Di raggi di luna
Di vino e tabacco
Di sussurri nel buio
Di parole non dette
Di lenzuola bagnate
E baci rubati.
Sai di cose semplici
Belle
E perdute.

 

 

 

 

 

 

 

National Geographic

Senza titolo

Guardavo il mare
e avrei voluto leggerlo
come si legge
una lettera d’addio
o una poesia d’amore.
Gli spazi vuoti,
le profondità,
i suoni tenui,
il ritmo intenso,
le variazioni di tono,
le correnti e la risacca.
E poi infine
le onde,
parole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi mi osserva non sa
Che anche nel mio
più atroce tramonto
Abita un’alba maestosa
E nel tremendo mio
inverno più gelido
Vive la primavera più lieve.
Un inferno
Di fiamme e demoni
Divampa in me.
Non ha tregua.
E fuori
La pace.

 

 

 

 

 

 

 

Le tre età della donna, (dettaglio), Gustav Klimt

Senza titolo

Niente al mondo
È più atroce
Tenero
Feroce
E poetico
Che ogni nuovo sentiero
Del tempo
Sul tuo volto
Ed ogni nuovo filo
D’argento
Tra i miei capelli,
Mamma.
 

 

 

 

 

 

 

 

Io mangio pane e marmellata

Nell’aria del mattino
Tersa e frizzantina
La domenica si cela.
Suonan le campane,
Richiamo di chi crede,
E i fedeli s’incamminano
E s’ammucchiano in attesa
E tutte in chiesa
Si tendono le orecchie.
Io non ho fede
Che nel canto degli uccelli
E dei fruscii degli alberi
E del sole di luglio.
Mangio pane e marmellata
Seduta ad osservare
E tutta in questa terra
Straziata e fiorente
Ch’io amo
Si tende l’anima.

 

 

 

 

 

 

 

Dal web

 

 

Canto di notte o qualcosa di simile

L’insegna blu neon
Violenta il freddo
E la pace.
Mi tremano gli occhi
E le gambe ubriache.
La notte sale adagio
Nel cielo terso e bruno.
La strada è solo mia,
Tappeto fumoso
Di versi e di pene,
E randagia
Mi annusa la pelle
Mi segue fedele
E abbaia alla miseria
Che stringe la città.

 

 

 

 

 

 

 

L’abbraccio, Egon Schiele

 

 

Una notte con Roma ai piedi

T’accolgo fiero
Nella tua spessa armatura.
Roma nei piedi
La notte negli occhi.
Esuli, a noi
Si addice
La folle paura
Della dolcezza
E la tenerezza maldestra.
Così t’accolgo, amore
Clina sulle tue albe
In intrecci complessi
Di luci tenui e sospiri infiniti.
Io t’accolgo
Nella casa delle mie carni
Dove lauti banchetti t’attendono,
Nell’inferno delle mie voglie
Dove i demoni danzano illuni,
Nelle acque selvagge
Dei miei fiumi in piena.
Come melodia lontana
Di fiori non colti
Scossi da lascivi turbinii,
Sinuosa ed elegante
Nel silenzio.
Mai suonata.
Irripetibile.
Io t’accolgo così
Nella mia pelle,
Tra le mie mani,
Nascosti da un manto
Indecente di stelle.
Semplicente,
Io t’accolgo
Tra le mie labbra
Sulla mia lingua
T’accolgo
Nella mia bocca.

 

 

 

 

 

 

 

Ad un vecchio amico scoperto un momento fa

Distesa sull’acque
In lieve abbandono
Il vento mi culla
Il sale mi esalta.
Mi bagno i capelli
Che paion medusa
Immergo le ossa
In assenze di tempo.
Il sole mi osserva
E poi si nasconde.
Mi brucia la pelle
Mi vela e mi tende.
Chiedo alla nuvola
Cosa le sembro
Ma lei è impegnata
a danzare col vento.
È tanto bello, al meriggio
Il lido deserto
Dove il gabbiano regna tiranno
Dove le alghe arrossan le rive
E l’onda corteggia violenta lo scoglio.
È tanto dolce, al tramonto
Naufragare nel nulla
Quando l’anima sbraccia in sgomento
Quando il cuore batte il mio tempo
E l’onda mi cinge erotica il grembo.
È tanto amaro, alla sera,
– il vento tormenta la pelle increspata
e la luna paonazza
si specchia narcisa nell’acqua ormai nera –
Vagar sulla spiaggia
Come statua impietrita di sale
Avvolta da un gelo crudele
Quando il sole annegato nel sangue
Nelle mani mi è morto
Ammazzato
E più non riscalda.

 

 

 

 

 

 

 

Amanti, Olio su carta, Carlo Perna

Idee malsane all’alba

Tutta la stanza
Era in subbuglio
Livida,
Ed i cuori spalancati,
E la pelle spettinata
Fuoco tra le fiamme,
Ed i fogli sparsi aggrovigliati
Come tappeto di metallo,
Ed i nostri corpi avvinghiati
Madidi e assetati,
E le nostre anime
Nude
Macerie d’uragano
Specchio l’una dell’altra,
Ed i bicchieri rotti
Vetri di mare
Macchiati di vino e rossetto
Che assediavano il letto,
E la mia mano
Teneva la tua
– Tu! Lussuria
tra le mie braccia! –
E le tue gambe
Avvinte alle mie
– Io! Vite riccioluta
ch’abbraccia l’ulivo! –
E i capelli danzavano
Aggrovigliati
Nell’aria fitta di fumo,
E gli occhi si intrecciavano,
E le pareti scoppiavano,
E ammiravamo le stelle
Avvolte nel lenzuolo
Nero di notte,
E noi in terra
Buttati, ubriachi, vivi
Con le labbra insanguinate
Accanto alla luna
Inciampata per spiarci,
Ed i morsi sul mio corpo,
Ed i graffi sulla schiena,
E la tua fronte
Sul mio seno
S’affacciava oscura
Ed implorante,
E la vita si dimenava
Forte
Irriducibile
Tutta a rovescio
Tutta sbagliata.